lunedì 29 novembre 2010

RECENSIONE a IL CASO AUM SHINRIKYO (di Francesco Scarcella, in Mangialibri.com)

20 marzo 1995, ore 7:50. Ci sono cinque uomini mescolati tra la folla dei pendolari dentro quattro convogli della metropolitana di Tokyo. Ognuno porta con sé un sacchetto ricoperto da fogli giornale e un ombrello a punta. Quasi simultaneamente, i cinque bucano con la punta dell’ombrello il sacchetto e si allontanano in fretta, cercando di non dare troppo nell’occhio. Ma cosa c’è dentro quei sacchetti? Sarin, gas nervino. Intorno alle 8:20 le autorità si accorgono che qualcosa all’interno delle gallerie della metropolitana non va. Numerose persone accusano inspiegabili sintomi: svenimenti, irritazione alle vie respiratorie, cecità temporanea. Tutte le linee della metropolitana vengono evacuate, i soccorsi sono imponenti. Bilancio finale: 12 morti e più di 6000 feriti, molti dei quali con danni invalidanti. Il più grande attentato terroristico della storia del Giappone. Il 27 febbraio 2004, la Corte Distrettuale di Tokyo condanna all’impiccagione Matsumoto Chizuo, meglio conosciuto come Asahara Shoko, leader carismatico dell’Aum Shinrikyo, organizzazione religiosa sviluppatasi nella metà degli anni Ottanta. Com’è stato possibile che un movimento nato sotto l’ispirazione di Buddhismo, Shintoismo, Cristianesimo e tradizioni religiose popolari giapponesi – poco più che un circolo di yoga all’inizio – si sia potuta trasformare progressivamente e impunemente in una macchina da guerra così spietata?...
Se ne Il caso Aum Shinrikyo il lettore si aspetta di trovare la cronaca cruda e dettagliata di quella maledetta mattina di marzo, rimarrà deluso. Non troverà nessun riferimento, infatti, alle modalità specifiche dell’attentato, al panico della folla, al terrore negli occhi delle persone quando quel gas incolore e inodore ha annichilito migliaia di corpi e menti. Per le testimonianze dirette consigliamo Underground di Haruki Murakami (Einaudi, 2003). Ma Stefano Bonino è un ricercatore giovane e preparato, dottore in lingue e Culture dell’Asia e dell’Africa, specializzato in Criminologia all’Università di Edimburgo, e ciò che analizza, in maniera rigorosa e competente, sono le cause e le conseguenze di quell’atto terroristico; non si chiede “cosa è successo” ma “perché è successo”. Una volta tanto non viene stimolata la morbosità istintiva, pur legittima, del crudo fatto di cronaca, ma una curiosità meno viscerale, più culturale. Uno studio disciplinato e cronologicamente impeccabile sulle motivazioni religiose, politiche, culturali, economiche e sociali. L’attentato al Sarin non è stato un caso di combustione spontanea ma la diretta conseguenza di una tragica escalation di megalomania complessa, dove hanno giocato un ruolo decisivo i mass-media, le ambizioni politiche deluse di Matsumoto Chizuo, interessi economici decennali e le evidenti falle nel sistema investigativo nipponico. La tragedia era forse evitabile, soprattutto perchè in quegli anni in Giappone era attivo un coraggioso movimento di società civile in contrasto all'Aum Shinrikyo; figure eroiche, come l’avvocato Sakamoto Tsutsumi, fatto sparire assieme alla moglie e al figlioletto.

Francesco Scarcella
http://www.mangialibri.com/node/7337

lunedì 14 giugno 2010

RECENSIONE a ISLAM NAZISMO FASCISMO (di Renzo Montagnoli)

Muhammad Amin al-Husayni è un nome certamente a molti non noto, ma ben conosciuto dagli ebrei e dal mondo arabo in generale. Quest’uomo fu a lungo il Gran Mufti di Gerusalemme, cioè la massima autorità giuridica islamica sunnita responsabile della corretta gestione dei luoghi santi islamici in Gerusalemme.
Costui, fra il 1934 e il 1945, intrattenne complessi rapporti con Adolf Hitler e più in generale con il nazismo tedesco e con il fascismo italiano. Riesce difficile comprendere una stretta relazione fra un capo religioso e il dittatore, notoriamente ateo, di una nazione impregnata di antisemitismo, tanto più che se gli ebrei sono semiti, altrettanto lo sono gli arabi.
Questo bel saggio storico di Alberto Rosselli si propone di fare chiarezza su questi rapporti, delineandone i motivi alla base e le finalità, e lo fa in modo convincente, con una scrittura precisa, ma accessibile anche ai non addetti ai lavori.
Due realtà, apparentemente inconciliabili, trovarono punti di contatto nella comune avversione nei confronti dei sistemi democratici e verso quel mondo occidentale (Inghilterra e Francia) che, se da un lato costituiva per Hitler un naturale ostacolo al suo espansionismo, per il Gran Mufti invece era simbolo di colonialismo, lo stesso di cui molte popolazioni arabe scontavano gli effetti, anche se Francia e Inghilterra agivano in Siria, Libano, Iraq, Algeria, Tunisia, Egitto, Palestina non come pieni proprietari, ma come esercenti un mandato volto a consentire con gradualità il passaggio alla piena autonomia delle popolazioni di quei territori.
Meno comprensibile è il rapporto con il fascismo, stato coloniale che aveva represso sanguinosamente la rivolta senussita in Libia, ma qui entrano in gioco ragioni di stato, le stesse per le quali Mussolini varò le leggi razziali, unico effettivo punto di contatto e di condivisione con il Gran Mufti.
Del resto Mussolini mirava ad ampliare l’area d’influenza italiana e questa gli sembrò l’occasione buona. Agì tuttavia con prudenza in una visione politica volta a tenere sotto pressione l’Inghilterra senza giungere a un punto di rottura.
Hitler invece perseguì una politica più strettamente militare, volta da un lato ad alimentare l’irredentismo islamico onde creare complicazioni ai suoi avversari e dall’altro a mettere le mani sulle corpose riserve petrolifere dell’Iraq.
Non è improbabile, invece, che il Gran Mufti fosse animato da una sincera infatuazione per il nazismo che, per quanto ateo, propugnava idee di forza, volontà e coraggio che ben si sposavano con il suo acceso radicalismo religioso, tanto che, nel corso della seconda guerra mondiale, furono costituiti reparti di SS di fede islamica, composti per lo più da elementi europei dei paesi occupati dalla Germania.
La vicenda, complessa, anche se appassionante, si delinea nelle pagine con scorrevolezza, senza pervenire a facili semplificazioni e a conclusioni di comodo.
Il merito di Rosselli non è di scrivere la Storia, ma di mettersi al servizio della stessa, di indagare, di reperire documenti, di esporre, senza un indirizzo politico, ma solo i fatti, mai giudicati, o al più formulando logiche ipotesi.
Questo libro è senz’altro da leggere, perché in questo viaggio nel passato è possibile comprendere il presente, l’instabilità del Medio Oriente e la sanguinosa guerra non dichiarata che da così tanti anni vede combattersi israeliani e palestinesi.

Renzo Montagnoli


http://www.arteinsieme.net/renzo/index.php?m=31&det=6821

lunedì 17 maggio 2010

venerdì 7 maggio 2010

Presentazione al XXIII SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO (Domenica, 16 maggio ore 17,30)

REGIONE ABRUZZO
Assessorato Sviluppo del Turismo, Politiche Culturali

Servizio Politiche Culturali


Torino Lingotto Fiere
XXIII SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO
13 – 17 Maggio 2010

Stand R 34 Padiglione 3




Domenica, 16 maggio ore 17,30
ISLAM NAZISMO FASCISMO

di Alberto Rosselli
Coordinatore Marco Solfanelli
EDIZIONI SOLFANELLI

sabato 24 aprile 2010

RECENSIONE a ISLAM NAZISMO FASCISMO (di Piero Vassallo)

Si conoscono solo tre categorie di storici: i giallisti faziosi ed elucubranti, i cattedratici magniloquenti e servili, e gli scrittori, che, rinunciando agli stilemi della vana e oscurante erudizione, divulgano le nozioni vere e nuove, che hanno faticosamente strappato alle biblioteche fumose e ai monumentali archivi.
I giallisti producono centoni per il consumo fantasticante delle sette ideologiche. I cattedratici fanno uscire fumi incomprensibili dal cappello a cilindro, in cui giace l'atteggiamento sussiegoso ma servile nei confronti dell'opinione al potere. I divulgatori colti, invece, attuano la felice estrazione e la comprensibile scrittura delle notizie certe, che ora sono nascoste nei documenti ufficiali, ora addomesticate dai memoriali ora gonfiate e affumicate dai libri accademici.
Solo i divulgatori colti, pertanto, appartengono alla ristretta categoria degli storici propriamente detti, cioè obiettivi e comprensibili.
Alberto Rosselli ad esempio. Prima di mettere mano alla macchina da scrivere consulta i libroni giacenti nelle collezioni dell'illeggibile, li libera dalla polvere accademica e dalle croste spocchiose, li confronta e ne estrae le verità compatibili con i documenti consultati scrupolosamente.
Infine scrive con lo stile agile e sobrio, che è adatto a produrre un discorso accessibile al lettore medio, propone saggi rispettosi delle verità diffuse a macchia nell'indigesta mole dei documenti d'archivio e nelle cronache verbose.
La puntuale ricostruzione delle ragioni dell'alleanza che si stabilì tra la politica nazista e fascista e l'insorgenza islamica, opera uscita in questi giorni dai torchi dall'editore Marco Solfanelli in Chieti, ad esempio, è il risultato della faticosa consultazione dei documenti emersi dagli archivi tedeschi, italiani, americani, inglesi, francesi, israeliani, serbi, croati ed ex-sovietici e dalla lettura critica della conflittuale biblioteca sull'argomento.
Il merito di Rosselli è la esatta ricostruzione delle idee che mossero i nazisti e gli islamici del Medio Oriente ad un'alleanza finalizzata alla rivolta contro gli anglo-francesi e contro gli immigrati ebrei. Il collante di un'amicizia fra due culture diverse per temperamento e per storia, e per giunta fanatizzate dalla presunzione della propria superiorità, fu infatti l'odio cieco e furente contro gli ebrei. L'antisemitismo facilitò un patto tra tedeschi e arabi mediorientali finalizzato a suscitare e a far trionfare la rivolta – la guerra santa – degli islamici contro i colonialisti francesi e inglesi. Finalità che non alterava le mire espansionistiche della Germania nazista, mire che non erano rivolte alle terre colonizzate dagli europei.
Più cauto fu l'atteggiamento dell'Italia fascista, non indenne dall'orgoglio nazionalistico ma estranea al torbido misticismo soggiacente alla mitologia razzista. Oltre tutto l'Italia doveva difendere il potere instaurato in tre importanti aree musulmane: la Libia, la Somalia e l'Eritrea.
Molto interessante è la biografia del Gran Mufti di Gerusalemme, Muhammad Amin al-Husayni, che Rosselli ha aggiornato, per un verso eliminando le leggende inventate dal giornalismo metropolitano per l'altro ricostruendo fatti dimenticati o censurati da buonisti, ad esempio l'appartenenza del Mufti alla ristretta cerchia dei collaboratori di Adolf Eichman e la sua aperta condivisione del piano per lo sterminio degli ebrei. Notizie che consigliano l'applicazione di un ragionevole freno agli slanci ecumenici indirizzati alle mitezze palestinesi.
Curiosa è infine la storia della solidarietà e degli aiuti strategici ottenuti da un parente ed estimatore di Husayni, Yasser Arafat. Consigliato e istigato da Husayni, Arafat decise di arruolare diversi membri delle SS e della Gestapo, mediante un'operazione di “sdoganamento” che fu attuata grazie alla collaborazione dei sovietici.
I brevi cenni di cui sopra dimostrano la qualità di un saggio che si raccomanda a coloro che desiderano esplorare gli oscuri retroscena della questione palestinese.

Piero Vassallo


Alberto Rosselli, “Islam nazismo fascismo Storia di un'intesa ideologica e strategica che avrebbe potuto modificare l'assetto geopolitico mediorientale e euroasiatico”, Solfanelli, Chieti, www.edizionisolfanelli.it, 2010, 150 pagine, euro 12.

lunedì 19 aprile 2010

In libreria: IL CASO AUM SHINRIKYO


Sostenuta da un’importante bibliografia, la storia del “caso Aum Shinrikyo” viene presentata secondo una rigorosa linea cronologica, e indagata nel contesto socio-religioso del Giappone contemporaneo.
In seguito al massiccio attacco terroristico alla metropolitana di Tokyo nel marzo del 1995, l’Aum Shinrikyo si è imposto all’attenzione giapponese e mondiale come il più feroce movimento religioso terroristico nipponico.
Setta sincretista fondata sulla figura del suo leader Asahara, l’Aum Shinrikyo si è inizialmente aperto e proteso verso la società, proponendo un sentiero comune di salvezza collettiva, ma finendo per chiudersi in se stesso in seguito ad una serie successiva di fallimenti.
Con l’intento di scatenare una guerra globale, non si è limitato a dirigere le proprie energie contro i suoi nemici, ma ha preso di mira l’intera società.
Mentre il racconto si sviluppa, l’organizzazione interna del movimento e la struttura esterna della società si intrecciano, si fondono e si sfumano, lasciando l’amara consapevolezza dell’intimo rapporto tra fanatismo religioso e violenza.



Stefano Bonino
IL CASO AUM SHINRIKYO
Società, religione e terrorismo nel Giappone contemporaneo
Presentazione di Erica Baffelli
Edizioni Solfanelli
[ISBN-978-88-89756-88-1]
Pagg. 128 - € 10,00


http://www.edizionisolfanelli.it/ilcasoaumshinrikyo.htm

giovedì 25 marzo 2010

In libreria: ISLAM NAZISMO FASCISMO


La storia degli intensi e complessi rapporti che, tra il 1933 e il 1945, intercorsero tra il Gran Muftì di Gerusalemme, Hajjī Muhammad Amīn al-Husaynī, capo spirituale dei musulmani palestinesi, i movimenti panislamici, panarabi e nazionalisti sorti negli anni Trenta in Africa Settentrionale e in Medioriente e la Germania nazista e l’Italia fascista, rappresenta una delle vicende a sfondo diplomatico, politico-religioso e ideologico più interessanti e meno note di quegli anni. I motivi che spinsero la più venerata, seppure discussa e chiacchierata, personalità religiosa del Medio Oriente e i movimenti nazionalisti nordafricani e mediorientali ad unire i propri destini a quelli del dittatore tedesco e — anche se con modalità e risultati diversi — a quelli di Mussolini suscitano infatti un’indubbia curiosità, aprendo le porte ad un dibattito che, nell’attuale contesto geopolitico ed economico internazionale caratterizzato dalla recrudescenza dell’estremismo islamico antisionista e antioccidentale, assume una valenza ancora maggiore e specifica, fornendo utili elementi di chiarificazione.


domenica 31 gennaio 2010

RECENSIONE su Radici Cristiane a L'ILLUMINISMO

Dopo la frantumazione della modernità, la storiografia contemporanea non sembra disposta a rivederne le origini culturali, ostinandosi in un culto acritico dell’Illuminismo. Questo libro è una presentazione, sintetica ed efficace, dell’Illuminismo come epoca storica e come categoria concettuale, per arrivare ad una comprensione in profondità del fenomeno che squarcia il velo di tanti miti e luoghi comuni. Ma non solo. Questo libro evidenzia anche le contraddizioni insite nella filosofia dei lumi, prima fra tutte la sua pretesa antropocentrica (secondo cui la ragione dell’individuo è il fondamento immanente del reale) che si rovescia in un itinerario di auto-distruzione dell’uomo. D’altronde le contraddizioni sono esiti inevitabili di tutte le utopie… e l’Illuminismo è stato, nella sua essenza, una grande utopia.
Corrado Gnerre, che insegna Storia del pensiero politico e Antropologia filosofica all’Università Europea di Roma e che per la stessa editrice ha già pubblicato Le radici dell’utopia, L’unicità del Cristianesimo e Dio è cattolico, affronta in questa sua ultima fatica l’ideologia filosofica che è alla base della grande trasformazione rivoluzionaria dei tempi moderni. Parte chiedendosi quale sia la reale, intima essenza di questa posizione filosofica e trova una risposta in un trionfo della ragione che passa necessariamente attraverso la venerazione della scienza e l’antropologia materialista; il trionfo razionalistico non si sposa – come sostiene invece Benedetto XVI – con la Fede, ma la vuole schiacciare: ecco il perché della violenta antitesi alla religione, ma anche alla tradizione e all’autorità.
Naturali conseguenze di queste posizioni sono l’ottimismo utopico che va a braccetto con il rifiuto della religione, la conseguente “divinizzazione” dell’uomo e la necessità di “uccidere” Dio. Di qui alla distruzione sistematica della logica, della reale natura umana, della speranza e della felicità il passo è breve. Si giunge a una delirante tanatofilia: non è un caso, infatti, che la Rivoluzione Francese e il Terrore costituiscano non la negazione dell’Illuminismo, bensì la sua necessaria espressione finale, il risultato a cui non potevano non giungere: non un errore di calcolo, una degenerazione di “compagni che sbagliano”, ma il compimento di una ideologia mortifera che, rompendo ogni legame con la Tradizione, porta a quel bellum omnium contra omnes che avrebbe preteso di superare per realizzare un utopistico “paradiso in terra”. Niente di diverso rispetto alle altrettanto sanguinose utopie marxiste-leniniste, come si vede.

(RC n. 51 - Gennaio 2010)

http://www.radicicristiane.it/libro.php/id/137/Corrado%20Gnerre/L'iiluminismo

lunedì 11 gennaio 2010

dalla PREFAZIONE di Marco Cimmino a ISLAM NAZISMO FASCISMO

Inutile negarlo: il rapporto tra Occidente e Islam è sempre stato contraddittorio e finanche oscuro, caratterizzato da contrasti ciclicamente ricorrenti, ma anche da momenti di fruttuosa coabitazione. Per la verità, tuttavia, noi europei di questa complessa, spesso violenta, dinamica dei comportamenti, che pure ci riguarda profondamente, sappiamo ancora poco. Molto di “erudito” si è scritto, ma poco di questo confronto più che millenario si è in effetti capito poiché poco si è voluto indagare al di fuori del comodo, noioso e inutile “politicamente corretto”, e dei perniciosi paraocchi della religione e dell’ideologia.
Se ci limitiamo al solo secolo Ventesimo, i giudizi degli storici appaiono spesso pesantemente influenzati nelle valutazioni dagli eventi più prossimi a noi: la stagione delle guerre arabo-israeliane, la questione palestinese, i conflitti del Golfo e così via. Si tende, infatti, a leggere spesso il passato alla luce del presente: e ciò non è certo il modo migliore di procedere, almeno per uno studioso. Da questa prassi deriva, infatti, l’idea, universalmente diffusa, di un Islam guerrigliero, combattivo, straccione e disordinato: una legione, polverosa e piena di rabbia, di ribelli in servizio permanente effettivo. Qualcosa a mezzo tra Al-Qaeda e Settembre Nero. Insomma, un’idea social rivoluzionaria dell’Islam, con cui il mondo Occidentale deve fare i conti.
Ma non sempre è così: vi sono stati, infatti, anche momenti in cui la comunità islamica ha guardato con grande interesse e speranza a specifici modelli o movimenti politici europei, come quelli fascista e nazista, contrapponendosi con forza ai sistemi liberali e democratici e a quelli socialisti. Nel suddetto periodo, sia Hitler che Mussolini, seppure con modalità diverse, accarezzarono a lungo un vasto piano di cooperazione con il mondo arabo-palestinese che ebbe come scopo la debritannizzazione del Medio Oriente e la defrancesizzazione del Nordafrica; un piano che nel 1942 — in concomitanza con l’offensiva del generale Rommel in direzione di Alessandria d’Egitto e con quella, sempre dell’Asse, in direzione del Caucaso, avrebbe dovuto culminare nell’ambiziosa “Operazione Aida”.
Facendo affidamento sulla cooperazione dei popoli musulmani che dimoravano tra il delta del Nilo, la Mesopotamia e lo stretto dei Dardanelli. “Aida” prevedeva una gigantesca manovra a tenaglia, tra l’Egitto e la transcaucasia intesa a fracassare la resistenza sovietica e a strappare il Medioriente al controllo britannico. Ora, una prospettata e ben organizzata rivolta antinglese dell’Islam, capeggiata dai leader nazionalisti arabo-palestinesi, che non avevano digerito le pesanti conseguenze della dottrina Balfour, avrebbe consentito alle forze dell’Asse di porre — complici i movimenti panislamisti-nazionalisti anti-occidentali e anti-democratici — una sicura ipoteca su una vittoria finale, e totale, del secondo conflitto mondiale.
Oggi, a distanza di tanto tempo, tutto ciò potrebbe apparire alla stregua di uno scenario fantapolitico, ma non è così. Se “Aida” non andò in porto non fu infatti per un improvviso cedimento o ripensamento dell’Islam filo-tedesco o filo-italiano (cioè quasi tutto l’Islam degli anni Quaranta), bensì per la debolezza dell’apparato bellico italo-tedesco, e per l’intervento degli Stati Uniti che fornirono ai sovietici e ai britannici quegli aiuti che permisero a questi di vanificare il mega progetto “Aida”.
È vero che, come scrive Alberto Rosselli, la storia non si fa con i “se” e con i “ma”: qui, però, siamo in presenza, come si evincerà dalla lettura di questo libro, di qualcosa di più che una mera ipotesi ucronica.
Se questo è il contesto militare, quello diplomatico e, per così dire, politico-religioso è la materia prevalente e maggiormente documentata dall’opera dell’autore ligure, studioso di questioni geopolitiche: un lavoro — come è nel suo stile — sintetico, puntuale ed esaustivo. In passato, anche in quello recente, sono state date alle stampe diverse pubblicazioni sui rapporti tra islam, nazismo e fascismo e, nello specifico, su quelli, complessi e controversi, tra il Gran Muftì e l’Asse, tra le dottrine statolatriche nazifasciste e la teocrazia politica islamica: trattasi, però, quasi sempre, di volumi ponderosi (taluni ottimi, altri e talvolta viziati da coinvolgimenti ideologici troppo marcati da parte degli autori), comunque difficilmente godibili a causa dell’estrema vena specialistica che spesso accompagna il lavoro di taluni eruditi “ad oltranza” o “militanti”.
Libri spesso per iniziati o per individui “schierati” insomma. Rosselli, al contrario — e lo dimostrano le sue precedenti opere — è un divulgatore enciclopedista, ovviamente nel senso migliore del termine, un cronista che va al sodo in maniera cruda, senza però eludere, di tanto in tanto, l’utile dettaglio. Questo atipico autore ripudia, infatti, una scienza cui non si possa accedere, se non attraverso una complicata iniziazione. Per lui la pulsione prima è che l’accesso alla storia sia concesso a tutti, e per tutti, infatti, egli scrive.
Questo non significa, si badi, banalizzare o disanimare la storiografia: vuole piuttosto dire semplificare il linguaggio ed i concetti, rendendoli comprensibili ai più. Pertanto, accanto ad un intento esegetico, Rosselli opera una sorta di traduzione, dalla complessità alla semplicità, esattamente come avveniva per le pagine più felici dell’Enciclopedia. Il modo serio, ma garbato con cui egli propone i suoi argomenti ci dimostra ogni volta come sia possibile conciliare il sapere con la linearità e la leggibilità. Senza dimenticare la sua pratica operativa, che si fonda sempre su generosi apparati bibliografici e su note molto puntuali e mai digressive.
Anche in questo libro, come nei molti suoi precedenti, il tema — come si è detto — intricato e spinoso dei rapporti tra l’Islam e i due movimenti nazista e fascista, viene dipanato senza salti logici e senza troppi fronzoli accademici. Alla base dell’intesa tra Asse e galassia musulmana stavano — inutile negarlo — il comune, violento antisionismo (che, nel caso dell’Islam aveva contorni assai concreti, dato che il sionismo era l’avversario naturale dell’arabismo mediorientale) e il totale disprezzo per le democrazie occidentali, ritenute, non senza ragione, portatrici di decadenza e di lassismo morale.
Si tratta, va da sé, di una questione di stretta attualità, sia sul versante dell’inevitabile confronto della nostra società con quella islamica, che su quello della decadenza (o, direbbe Russell, del declino) della civiltà occidentale. Alla vigilia della seconda guerra mondiale questi problemi parevano, in qualche modo, sovrapporsi, e trovare i propri antemurali nelle dottrine tradizionaliste ed antidemocratiche: i totalitarismi, da un lato e la religione totalizzante (se non totalitaria), dall’altro. Ne fa fede, tra l’altro, quella corposa armata ideologica e multietnica che furono le SS: autentica milizia politica, creata per combattere non una semplice guerra, ma una meta-guerra contro la decadenza del mondo occidentale capitalista, la presunta degenerazione del concetto di democrazia ed il sionismo.
Con queste premesse, risultò inevitabile che cospicue porzioni dell’islamismo e gli Stati fascisti e nazisti si trovassero totalmente d’accordo, accettando addirittura una guida comune in grado addirittura di conciliare l’ateismo nazista e il fondamentalismo religioso islamico nazionalista e anti democratico.
Rosselli, a questo proposito, va in profondità quando spiega, dopo le necessarie avvertenze al lettore, che Hitler venne visto da non pochi leader musulmani come un autentico “redentore”: il che spiega il florilegio di tanti movimenti filonazisti e nazisti tout-court nei paesi dell’Africa settentrionale e del Medio Oriente (fenomeno riscontrabile ancora oggi).
Di qui, l’autore sdipana le trame di un rapporto di diplomazia segreta e di accordi sottobanco che proseguì durante, ma anche dopo la guerra, coinvolgendo personalità del mondo arabo, palestinese ed egiziano destinate a diventare famose, come Nasser, Sadat o — caso emblematico seppur particolare — Amīn al-Husaynī. Il personaggio intorno al quale ruota il libro di Rosselli è infatti quest’ultimo: Hajjī Muhammad Amīn al-Husaynī, il Gran Muftì di Gerusalemme, di cui la storiografia di nicchia ha fatto una figura eroica e quasi mitologica.
Ma Rosselli non si diletta di miti: ricostruisce la vita e le azioni di questa figura essenziale dell’islamismo novecentesco, senza esagerarne il ruolo né il fanatismo, ma dandole, al tempo stesso, quell’importanza che effettivamente rivestì nella politica mediorientale di allora, insieme alla sua famiglia, cui, lo ricordiamo, appartenne anche Yasser Arafat. Si tratta, naturalmente, di una storia molto complessa e articolata, in cui, a seconda delle regioni e degli interessi, le sfumature e, talvolta, anche i dati sostanziali variano.
Ci sentiamo di dire, tuttavia, che dall’osservazione sinottica degli avvenimenti, almeno una cosa risalta con forza, cioè la pesante invasività della politica britannica degli anni Trenta, cinica e spregiudicata.
Nel libro di Rosselli questo dato emerge chiaramente, anche se, certamente, senz’astio per alcuno: al massimo, con secca ironia ligure. In definitiva, quel che più si fa apprezzare di questo agile lavoro è proprio la mancanza sostanziale di parzialità e di accanimento ideologico, la volontà di esprimere con chiarezza quel che accadde, senza altro scopo che cercare di capire e di far capire al prossimo.
Per ultimo, non si può non aggiungere una nota di servizio: le implicazioni di questo libro sono tali e tante da renderlo uno strumento, diremmo, indispensabile per farsi un’idea della politica mediorientale dell’Occidente e dei suoi rapporti odierni con l’Islam. Per carità, anche i libri di Benny Morris lo sono…ma sono libri di cinquecento pagine. Anche di questo possiamo essere grati a Rosselli: egli osserva e narra, da buon cronista, spiega, ma per fortuna non stordisce.

Marco Cimmino

venerdì 8 gennaio 2010

Anticipazione: ISLAM NAZISMO FASCISMO

Alberto Rosselli
ISLAM NAZISMO FASCISMO
Storia di un’intesa ideologica e strategica che avrebbe potuto modificare l’assetto geopolitico mediorientale ed euroasiatico


La storia degli intensi e complessi rapporti che, tra il 1933 e il 1945, intercorsero tra il Gran Muftì di Gerusalemme, Hajji Muhammad Amin al-Husayni, capo spirituale dei musulmani palestinesi, i movimenti panislamici, panarabi e nazionalisti sorti negli anni Trenta in Africa Settentrionale e in Medioriente e la Germania nazista e l’Italia fascista, rappresenta una delle vicende a sfondo diplomatico, politico-religioso e ideologico più interessanti e meno note di quegli anni . I motivi che spinsero la più venerata, seppure discussa e chiacchierata, personalità religiosa del Medio Oriente e i movimenti nazionalisti nordafricani e mediorientali ad unire i propri destini a quelli del dittatore tedesco e — anche se con modalità e risultati diversi — a quelli di Mussolini suscitano infatti un’indubbia curiosità, aprendo le porte ad un dibattito che, nell’attuale contesto geopolitico ed economico internazionale caratterizzato dalla recrudescenza dell’estremismo islamico antisionista e antioccidentale, assume una valenza ancora maggiore e specifica, fornendo utili elementi di chiarificazione .


Alberto Rosselli
ISLAM NAZISMO FASCISMO
Prefazione di Marco Cimmino
Edizioni Solfanelli
[ISBN-978-88-89756-11-x]
Pagg. 152 - € 12,00

Edizioni Solfanelli
Via A . Aceto n . 18 — C . P . 34 — 66100 Chieti
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Libri dell’autore Alberto Rosselli già editi da Solfanelli
L'olocausto armeno
La persecuzione dei cattolici nella Spagna repubblicana (1931-1939)
Sulla Turchia e l'Europa