lunedì 29 novembre 2010

RECENSIONE a IL CASO AUM SHINRIKYO (di Francesco Scarcella, in Mangialibri.com)

20 marzo 1995, ore 7:50. Ci sono cinque uomini mescolati tra la folla dei pendolari dentro quattro convogli della metropolitana di Tokyo. Ognuno porta con sé un sacchetto ricoperto da fogli giornale e un ombrello a punta. Quasi simultaneamente, i cinque bucano con la punta dell’ombrello il sacchetto e si allontanano in fretta, cercando di non dare troppo nell’occhio. Ma cosa c’è dentro quei sacchetti? Sarin, gas nervino. Intorno alle 8:20 le autorità si accorgono che qualcosa all’interno delle gallerie della metropolitana non va. Numerose persone accusano inspiegabili sintomi: svenimenti, irritazione alle vie respiratorie, cecità temporanea. Tutte le linee della metropolitana vengono evacuate, i soccorsi sono imponenti. Bilancio finale: 12 morti e più di 6000 feriti, molti dei quali con danni invalidanti. Il più grande attentato terroristico della storia del Giappone. Il 27 febbraio 2004, la Corte Distrettuale di Tokyo condanna all’impiccagione Matsumoto Chizuo, meglio conosciuto come Asahara Shoko, leader carismatico dell’Aum Shinrikyo, organizzazione religiosa sviluppatasi nella metà degli anni Ottanta. Com’è stato possibile che un movimento nato sotto l’ispirazione di Buddhismo, Shintoismo, Cristianesimo e tradizioni religiose popolari giapponesi – poco più che un circolo di yoga all’inizio – si sia potuta trasformare progressivamente e impunemente in una macchina da guerra così spietata?...
Se ne Il caso Aum Shinrikyo il lettore si aspetta di trovare la cronaca cruda e dettagliata di quella maledetta mattina di marzo, rimarrà deluso. Non troverà nessun riferimento, infatti, alle modalità specifiche dell’attentato, al panico della folla, al terrore negli occhi delle persone quando quel gas incolore e inodore ha annichilito migliaia di corpi e menti. Per le testimonianze dirette consigliamo Underground di Haruki Murakami (Einaudi, 2003). Ma Stefano Bonino è un ricercatore giovane e preparato, dottore in lingue e Culture dell’Asia e dell’Africa, specializzato in Criminologia all’Università di Edimburgo, e ciò che analizza, in maniera rigorosa e competente, sono le cause e le conseguenze di quell’atto terroristico; non si chiede “cosa è successo” ma “perché è successo”. Una volta tanto non viene stimolata la morbosità istintiva, pur legittima, del crudo fatto di cronaca, ma una curiosità meno viscerale, più culturale. Uno studio disciplinato e cronologicamente impeccabile sulle motivazioni religiose, politiche, culturali, economiche e sociali. L’attentato al Sarin non è stato un caso di combustione spontanea ma la diretta conseguenza di una tragica escalation di megalomania complessa, dove hanno giocato un ruolo decisivo i mass-media, le ambizioni politiche deluse di Matsumoto Chizuo, interessi economici decennali e le evidenti falle nel sistema investigativo nipponico. La tragedia era forse evitabile, soprattutto perchè in quegli anni in Giappone era attivo un coraggioso movimento di società civile in contrasto all'Aum Shinrikyo; figure eroiche, come l’avvocato Sakamoto Tsutsumi, fatto sparire assieme alla moglie e al figlioletto.

Francesco Scarcella
http://www.mangialibri.com/node/7337